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Storia

La Zarina mancata

Jelena rientrò allo Smolny, dopo il lieto intermezzo montenegrino, con un'amica in più, sua sorella Ana, che la seguì per cominciare gli studi. Un'altra stagione passò, scandita da lezioni, giochi, vecchie e nuove conoscenze in collegio. Le due sorelle Petrović Njegoš, d'indole e temperamento assai diverso, condividevano il senso dell'umorismo e la passione per l’arte. Insieme, solevano raggiungere in carrozza le più rinomate pinacoteche di Pietroburgo e, fogli e lapis alla mano, copiavano i soggetti che più le colpivano per poi riprodurli allo Smolny con gli acquarelli. Un esercizio, cui si sottoponevano, per affinare tratto. Anche Maria, a volte, partecipava a queste loro escursioni o ai giochi in giardino. Ma sempre con più distacco,taciturna, con un certa tristezza di cui non sapeva mai spiegare la ragione. Con entusiasmo, come già era stato per Stana e Missia, Jela partecipava alle rappresentazioni in costume organizzate nell’istituto.

Balletti,recite o “tableaux vivants”,ossia riproduzioni viventi delle scene di celebri dipinti. Queste ultime furono una passione indelebile per Elena, che ne trasmise il gusto anche alle figlie. Memorabile il “Minuetto della Regina” in cui si cimentarono Jela e altre sette compagne, nel 1884. In una foto pubblicata sulla storia ufficiale del collegio, la futura sovrana d'Italia, quasi dodicenne, svetta in posizione centrale sulle coetanee, come lei in abito da damina settecentesca con tanto di parrucca bianca. Rompevano la routine, ma con effetti meno piacevoli, almeno per Jelena, le visite allo Smolny dello zar Alessandro III e consorte. Ogni volta le insegnanti preparavano con cura quasi maniacale, per giorni e giorni, una coreografica accoglienza "imperiale". Le allieve venivano schierate lungo le pareti del salone, con un ordine di precedenza che privilegiava l'altezza e l'aspetto fisico delle ragazze. All'ingresso dei sovrani,con un gesto armonico, la direttrice ordinava silenziosamente la "révérence", quindi il nutrito drappello di fanciulle vestite di bianco, s'inchinava nello stesso istante, con un colpo d'occhio da favola.

Il saluto allo zar e alla zarina, apparentemente rapido e semplice, richiedeva in realtà prove interminabili ed estenuanti: non di rado, le allieve più gracili accusavano malesseri o svenivano durante le "simulazioni". Jelena che era una delle più alte e per giunta principessa di sangue reale, figlioccia della madre dello zar, per l'occasione, aveva sempre l'onore della prima fila, perciò era ancora più bersagliata dal perfezionismo delle docenti. Dopo i convenevoli, l'imperatrice, attorniata dalle dame di compagnia, parate come lei in abiti sfarzosi, passavano in rassegna le studentesse, una per una, come se si trattasse delle reclute di un esercito. Oramai nonna e regina d'Italia, Elena ricorderà ancora come un incubo quelle serate di gala, spiegando che forse proprio da quelle dure esperienze giovanili aveva ereditato un certo fastidio per le cerimonie ufficiali.

Fonte

Luciano Regolo

Jelena
Tutto il racconto della vita della regina Elena di Savoia

Simonelli Editore (per acquistare il volume clicca qui)

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