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Storia

Il destino si compie

Fatto sta che il Patto d'Acciaio venne firmato a Berlino il 22 maggio 1939, legando indissolubilmente il destino degli italiani a quello dei tedeschi in caso di guerra. E per l'occasione il ministro degli esteri nazista Joachim von Ribbentrop e altri gerarchi di Hitler ricevettero le più alte onorificenze sabaude. Tutto ciò, terminato il secondo conflitto mondiale, verrà rispolverato come un'onta della dinastia.

Lo stesso accadrà per le cosiddette "leggi razziali", i provvedimenti antisemiti varati dal governo fascista l'l settembre 1938. Vittorio Emanuele III sosterrà in sua difesa di aver “fatto tutto il possibile per limitarne la portata”. Buffarini Guidi che andò a illustrargliele a San Rossore registrò,fra l'altro, la perplessità e la resistenza del sovrano di fronte alla politica della razza, abbracciata da Mussolini per seguire il carro di Hitler. Alla fine, però, peserà come un macigno, nella memoria nazionale, quella firma del re su norme tanto ignobili.

È certo, per quanto riguarda Elena che il suo impulso del cuore funzionò pure in questa circostanza. La regina per aiutare le famiglie ebree usò tutte le conoscenze e i contatti. E altri ne aprì, per esempio con Ciano. A differenza della nuora, però, non si rivolse mai direttamente a lui, che godeva di una posizione privilegiata sia in Italia, come genero ed erede presuntivo del duce, sia sul piano internazionale, come ministro degli esteri. Bensì sempre per il tramite di terze persone. Già nel settembre 1938 Filippo d'Assia andò a trovare Ciano, chiedendogli, per conto di sua suocera Elena, d'intervenire presso Mussolini: sia la regina, sia il re, spiegò il langravio al "Delfino" del fascismo, erano “risentiti” per l'espulsione dall'Italia del medico ebreo, Ervino Stuckjoldt di cui avevano “grande fiducia”. Ma non “osavano parlarne al duce”, e contavano, perciò sull'”amichevole mediazione” di Ciano, il quale, con dubbio umorismo, sottolineò a Filippo, che difficilmente il führer avrebbe gradito che una missione del genere fosse condotta da un principe e oberpräsident tedesco. “È impallidito”, vergò sul suo diario, entusiasta dell'effetto, Galeazzo.

Ciano fu il referente indiretto della sovrana anche per segnalare degli ebrei da salvare in Francia e in Croazia, nelle zone occupate dalle truppe italiane. In quello stesso periodo Jelena si schiera apertamente in difesa degli zingari. Ha ricordato di recente il musicista sinto, Vittorio Mayer, che all'epoca era bambino e viveva in Alto Adige: “Mussolini voleva bandire il nomadismo in Italia. Ci costrinsero a non spostarci, ci sequestrarono i documenti. Ma i sinti si ribellarono [...] e con loro si schierò la regina Elena di Montenegro, simbolicamente considerata la nostra regina; lei fece una petizione in nome dei diritti della cultura zingara. Ma negli anni '40, con l'inizio delle persecuzioni naziste, divenne difficile vivere anche nella nostra terra”.

Fonte

Luciano Regolo

Jelena
Tutto il racconto della vita della regina Elena di Savoia

Simonelli Editore (per acquistare il volume clicca qui)

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