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Storia

Il Montenegro nella Jugoslavia 1918-1991

Dopo quella deludente esperienza i montenegrini cominciarono a rafforzare la propria coscienza nazionale, diversa da quella serba. Il Montenegro fu occupato dall’esercito italiano nell’aprile del 1941, ma il 13 luglio scoppiò una rivolta organizzata dai comunisti che riuscirono a mobilitare circa 30.000 patrioti e ad infliggere gravi perdite alle forze italiane e a creare un vasto territorio libero, il primo nell’Europa occupata dalle forze nazi-fasciste.

Si scatenò inoltre una sanguinosa guerra civile tra i partigiani e i cetnici, ( nazionalisti serbi, monarchici e anticomunisti) che dal movimento di resistenza si trasformarono presto in collaborazionisti degli italiani e dei tedeschi. I partigiani attirarono i patrioti anche perché promisero il riconoscimento della nazionalità montenegrina e la costituzione della repubblica del Montenegro in una Jugoslavia federale. Il paese fu liberato dalle forze partigiane alla fine del 1944. La guerra aveva provocato molte violenze, commesse da tutte le parti in lotta e il Montenegro aveva perso circa il 12% della propria popolazione.

Nella Jugoslavia di Tito il Montenegro era diventato la più piccola repubblica federale, con il diritto all’autodeterminazione fino alla secessione, con un parlamento, un governo e una costituzione. Fu anche riconosciuta l’esistenza di una nazione montenegrina, distinta da quella serba. Nella Jugoslavia di Tito, grazie ai fondi federali, il paese visse una notevole trasformazione, con l’urbanizzazione, l’elettrificazione, l’industrializzazione, l’alfabetizzatone, lo sviluppo del turismo e di una flotta mercantile, e fu fondata l’Università e l’Accademia delle scienze e delle arti. Di conseguenza i montenegrini diventarono attaccati alla Jugoslavia e al comunismo titoista più degli altri popoli jugoslavi. La crisi apertasi dopo alle morte di Tito trovò il Montenegro impreparato. Priva di esperienze democratiche ed estranea alle idee liberali el’ elite politica montenegrina rimase legata al comunismo titoista. Non si schiero dunque con la Slovenia e la Croazia, che spingeva verso le riforme liberali e democratiche, né con la Serbia che dopo l’avvento di Milosevic voleva istaurare un’egemonia serba e uno stato più autoritario e unitario.

Ma Milosevic, che si era presentato come salvatore dalla Jugoslavia e come un riformatore in grado di salvare il sistema comunista, inoltre di origini montenegrine, seppe attirare i consensi anche nel Montenegro, giocando anche sui sentimenti filoserbi di una parte della popolazione. Usando i servizi segreti, la Chiesa ortodossa serba e gli intellettuali filoserbi, nel gennaio del 1989 Milosevic riuscì a preparare un colpo di stato in Montenegro, a sostituire la classe dirigente titoista e portare al potere i giovani e ambiziosi Milo Djukanovic, Momir Bulatovic e Svetozar Marovic. Mise dunque la piccola repubblica sotto il proprio controllo, come il primo passo importante per costruire la Grande Serbia, trascinandola nelle guerre jugoslave.

Fonte

Prof. Antun Sbutega

Montenegro, un nuovo stato nei Balcani

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