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Storia

La fine del sogno e dell'incubo Jugoslavo

Molti politici e storici continuano a considerare la Serbia il nucleo ideologico e politico della Jugoslavia, anche se questo non corrisponde alla verità storica. L’idea dell’unione degli slavi occidentali non è nata in Serbia ma in Croazia. Le idee slavofile croate dell'epoca barocca ( appoggiate dalla Chiesa cattolica in prospettiva di unione con la Chiesa ortodossa per organizzare un potente fronte in grado di liberare l’Europa dagli ottomani) si sono trasformate nel XIX secolo nell'illirismo e in seguito nel jugoslavismo. Parallelamente nella Serbia, che nel 1830 era diventata un principato autonomo nell'impero ottomano, ha preso radice l’idea della Grande Serbia, la potenza egemone dei Balcani, che era nello stesso tempo un progetto politico ( elaborato nel 1844 del ministro Ilija Garasanin, ) uno culturale ( elaborato dal linguista e storico serbo Vuk Karadzic) e uno spirituale (elaborato della Chiesa ortodossa serba) che ha sviluppato il mito della Serbia celeste con una missione particolare nella storia universale dell’umanità. In questo modo il nazionalismo aggressivo è diventato la base dell’identità moderna dei serbi, e lo jugoslavismo non ha mai avuto molto successo. Non solo la Serbia non nutriva il sogno di unirsi con gli altri popoli in uno stato federale, ma l’egemonismo serbo è stato la causa principale di distruzione delle quattro Jugoslavie : Regno jugoslavo 1918-1941, Jugoslavia socialista 1945-1991 , e di due mini Jugoslavie, quella di Milosevic 1992-2003 e della Serbia - Montenegro 2003-2006

La Serbia è entrata nella Prima guerra mondiale con l’idea di costruire la Grande Serbia, con la maggioranza della popolazione ortodossa che doveva comprendere, oltre la Serbia, Il Kosovo, la Macedonia, il Montenegro, una parte dell’Albania, la Bosnia - Erzegovina e una parte della Croazia con l’appoggio della Russia. Crollato l'impero dello zar con la rivoluzione d’ottobre, la Serbia ha dovuto cambiare strategia e con la dichiarazione di Corfù del 1917 il governo serbo ha accettato la proposta del Comitato jugoslavo: ( composto dagli slavi meridionali dell’impero austro-ungarico e sostenuto dalla Francia e dall'Inghilterra e dalla massoneria) la fondazione dello stato jugoslavo. Ma mentre gli sloveni, i croati e montenegrini e altri popoli jugoslavi proponevano uno stato federale o confederale, i serbi consideravano il nuovo stato come la Grande Serbia allargata. Questo stato fu legittimato dalla Conferenza di Versailles. Mentre la Francia e l’Inghilterra vedevano nel nuovo stato degli slavi meridionali una barriera verso il comunismo sovietico e verso le ambizioni balcaniche italiane, l’Italia si opponeva decisamente perché vedeva danneggiati i propri interessi nell’Adriatico orientale, garantiti dal trattato di Londra nel 1915.

Il nuovo stato, che doveva essere la realizzazione del sogno secolare dell’ unione degli slavi meridionali finalmente liberi dal dominio dell’impero ottomano e quello degli Asburgo, come anche dalle pretese egemonistiche russe, si trasformò subito in un incubo per i popoli non serbi. La prima costituzione del 1921 impose uno stato centralizzato e unitario, dominato dai serbi che nel 1929 si trasformò in una dittatura monarchica con un regime repressivo che provocò il malumore dei popoli non serbi e di una parte degli stessi serbi. Lo stato instabile e debole, in permanete crisi, non era stato in grado di opporre una forte resistenza all’attacco tedesco, italiano ed ungherese del 6 aprile 1941 e dopo 17 gironi la Jugoslavia fu occupata e smembrata.

Cominciò subito una rivolta contro le forze nazi-fasciste, ma anche una guerra civile ed ideologica, sanguinosa e complessa che provocò più di un milione di morti, pulizie etniche e orrendi crimini. Infine i partigiani di Tito, che da un movimento di resistenza si trasformarono in una forza politica con un grande ed efficiente esercito, uscirono vincitori e riuscirono a liberare il paese, con un marginale appoggio degli alleati occidentali e dell’Armata rossa.

Dopo lo strappo di Tito con l’Unione Sovietica di Stalin nel 1948, la Jugoslavia divenne essenziale per l’Occidente nell’epoca della guerra fredda come una zona cuscinetto verso l’impero sovietico nei Balcani e nell’Adriatico.

La Jugoslavia di Tito era una dittatura comunista, ma anche una repubblica federale, che garantiva ad ogni popolo slavo una repubblica nazionale, con un grado di autonomia che era destinato ad aumentare fino a trasformarsi in una specie di confederazione. Il Kosovo con la maggioranza albanese diventò una regione autonoma, come anche la Vojvodina con una popolazione mista. In questo modo la Serbia era tenuta sotto stretto controllo, come anche le altre repubbliche.

La Jugoslavia godeva di un forte appoggio militare, politico ed economico dell’occidente e Tito riusciva a governarla e a superare le frequenti crisi, usando il proprio carisma, il partito comunista, l’ideologia, la polizia e l’esercito, e concedendo ai cittadini jugoslavi un grado di libertà e di benessere molto superiore a quelli degli altri paesi comunisti, senza rinunciare al comunismo.

Morto Tito e crollato il comunismo, la Jugoslavia, che perse inoltre la sua importanza strategica per l’occidente, non riuscì a superare la crisi e ad avviarsi con una transizione morbida verso la democrazia e l’economia di mercato.

La federazione jugoslava ricevette il colpo mortale dal aggressivo nazionalismo serbo che trovò il suo leder in Slobodan Milosevic che si oppose alle spinte lieberal democratiche e filioccidentali e alle riforme economiche e, volendo conservare il sistema comunista intendeva nello stesso tempo imporre l’egemonia serba, creando un ideologia nazional comunista, con l’appoggio dell’esercito federale. L’intransigenza serba spinse la Slovenia e la Croazia, seguite da altre repubbliche, eccetto il Montenegro, di scegliere l’indipendenza e la Serbia rispose con un’aggressione armata e con pulizie etniche dando inizio a dieci anni di guerre. La Serbia e il Montenegro proclamarono nel aprile del 1992 la terza Jugoslavia con l’intenzione di unire a se gli altri territori conquistati in Bosnia-Erzegovina e in Croazia.

Anche questa Jugoslavia era una dittatura, nonostante che salvaguardasse le apparenze democratiche ( una democratura), fu condannata per l’aggressione, isolata dalla comunità internazionale e colpita dalle sanzioni economiche dell’Onu. La carneficina jugoslava è stata possibile grazie alla complicità della comunità internazionale e delle sue istituzioni, come l’ONU e l’OSCE e soprattutto delle potenze europee, Francia, Inghilterra ed Italia, e anche della Russia, che per diversi piccoli interessi e per mancanza di capacità e di voglia, non fecero praticamente niente per impedire la guerra e poi per fermarla. Solo quando nel 1995 gli Stati Uniti decisero finalmente di scendere in campo usando una combinazione di intervento armato e diplomazia coercitiva gli europei si allinearono e le guerre in Bosnia e in Croazia furono fermate .

Dopo gli anni dello stato d’assedio imposto dai serbi agli albanesi nel Kosovo, nel 1998 cominciarono le azioni dei piccoli gruppi di guerriglieri albanesi dell’UCK e i serbi risposero con la violenza sproporzionata e con la solita pulizia etnica. Questa volta gli Stati Uniti , falliti i tentativi diplomatici di trovare una soluzione pacifica , reagirono presto, (seguiti sempre dagli alleati occidentali, anche se molti controvoglia, come l’Italia), con i bombardamenti aerei di 78 giorni che infine costrinsero i serbi a cedere.

Nell’ottobre del 2000, grazie al lavoro accurato degli servizi segreti e dei diplomatici occidentali , soprattutto americani, Milosevic perse il potere sostituito da Vojislav Kostunica. Ma la Serbia non aveva rinunciato al suo nazionalismo ancestrale che ha provocato tante tragedie . Oramai non era in condizioni di realizzare il progetto della Grande Serbia con le armi ma l’elite serba credeva ancora di poterlo realizzare con i mezzi politici . Il riformista fiilooccidenatle, il premier serbo Zoran Djindjic che voleva chiudere con il passato ed attuare un cambiamento radicale , fu ucciso .

Cosi anche la terza Jugoslavia si trovò in crisi e nel 2003 fu trasformata in una specie di confederazione tra la Serbia e il Montenegro. Neanche questo stato riuscì ad essere stabile e funzionale: il persistente egemonismo e nazionalismo serbo ebbero come effetto il rafforzamento della voglia dell’indipendenza nel Montenegro, e così con il referendum del 21 maggio la travagliata e sanguinosa storia della Jugoslavia dopo 88 arrivò alla fine.

Fonte

Prof. Antun Sbutega

Montenegro, un nuovo stato nei Balcani

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